Azzate: storia, cultura, leggende.

La bellezza di un Territorio.

Le origini di Azzate

Il primo documento in cui si ha traccia del nome di Azzate risale al 1025, nel quale viene indicato “Aciate”.

Nella trasformazione della lingua italiana la “ci” normalmente si muta in “x”: infatti si trova che Aciate nel XIII sec.  sia “Axiate”. Ma la “x” tende a rafforzarsi in “zz”: così nel XVI sec. Axiate si trasforma in “Azzà”. Il paese conserverà questo nome fino a quasi tutto l’Ottocento, quando si muterà definitivamente in “Azzate”.

In epoca romana Azzate fu probabilmente sede di qualche presidio militare. Ne è testimonianza il Pretorio, edificio costruito con materiale di recupero di provenienza romana.

Per molti secoli la storia di Azzate è legata alle vicende della nobile famiglia Bossi, feudataria della Val Bossa. I Bossi di Azzate e quelli milanesi sembra avessero la stessa origine. È tradizione che al ramo dei Bossi di Azzate appartenessero S. Benigno e Ansperto, arcivescovi di Milano. Insegna della famiglia era il bue bianco passante in campo rosso. Nel Medio Evo, Azzate fece parte del feudo di Varese e, come tipico esempio del borgo medievale, conserva bei resti d’arte e d’architettura.

Con la vendita dei feudi (1538), Azzate fu smembrato da Varese e assegnato al Senatore Egidio Bossi. Nel 1717 il marchese Fabrizio Benigno Bossi, feudatario della Val Bodia (che comprendeva Gazzada, Buguggiate, Azzate, Brunello, Daverio, Galliate, Crosio e parte di Bodio) pretese di aver diritto anche ad Azzate e nello stesso anno ottenne di cambiare il nome di Val Bodia in Val Bossa per i meriti dei Bossi, antichi signori della zona.

Dopo la dominazione austriaca, sotto la Repubblica Cisalpina, Azzate fece parte del dipartimento del Verbano, con capoluogo Varese, che però poco dopo fu assorbito dal dipartimento dell’Olona e quindi (1801) da quello del Lario, con capoluogo Como.

Nel 1927, ricostituita la provincia di Varese, Azzate ne tornò a far parte.

Azzate è anche un territorio ricco di favole e misteri: chi non conosce la leggenda della «CHIESA DELLA MADONNINA DEL LAGO» di Azzate.

Il misterioso cavaliere della leggenda dovrebbe essere il Cavaliere Niero delle Rose che, di ritorno dalle crociate, percorreva le nostre lande in una notte buia.

Faceva molto freddo ed il lago era ghiacciato e attorno desolazione, da lontano sulle colline si riverberavano gli ululati dei lupi alla ricerca di cibo.

Il nobile cavaliere da Gavirate andava per la sua strada, condotto dall’amore per la sua «bella sposa dai capelli d’oro, probabilmente la fiorentina Fazia degli Oberti, che albergava in un castello della Valtravaglia. 

Nulla e nessuno poteva fermare il crociato che, con il suo fido cavallo, attraversa di gran carriera le terre che lo dividevano dal tanto atteso abbraccio.

Ad un tratto, davanti a lui apparve un vastissimo campo ricoperto di neve: il cavaliere partì al galoppo per attraversare l’ampia landa.

Alla fine intravide alcune case e si avvicinò, confidando di trovare un buon cristiano che potesse rifocillarlo prima di riprendere la strada per incontrare l’amata.

È un contadino di Azzate il buon cristiano che, ascoltato il racconto del viaggio, gli rivela il terribile rischio corso. Il vasto campo di neve non è un prato ma il lago ghiacciato che avrebbe potuto in qualsiasi istante sgretolarsi sotto il peso del nobile e del cavallo. Niero delle Rose impallidisce, si rende conto di aver scampato per miracolo la morte. Grato alla Madonna che lo ha protetto, egli lascia al contadino una borsa di denari perché venga eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume al termine della sua forsennata corsa.

Ed oggi, in questo luogo, si trova il «Santuario della Madonnina del Lago» di Azzate.

E poi come non ricordare la povera Lucia di Azzate, la strega impiccata nel 1588 in quanto accusata di stregoneria. La sentenza fu eseguita dal boia di Lugano, alla cui opera spesso si ricorreva a Varese e costò 35 ducati.

Questo avvenimento fu commentato secondo le conoscenze che ognuno possedeva. La povera disgraziata venne accostata in un primo momento al personaggio romanzesco di Baitella e soltanto dopo diverse interpretazioni passate in rete si giunse finalmente ad individuare il personaggio che venne effettivamente trattato nella Cronaca di Varese, un antico manoscritto riproposto da Gio. Antonio Adamollo e aggiornato nel 1747 da Luigi Grossi.

La figura di Baitella, definita “la più animosa, intollerante e caparbia abitatrice”, si stacca dal tranquillo mondo agreste di un Azzate ottocentesco, sul suo destino incombe, come una spada di Damocle, la sinistra predizione di una zingara. Dotata dalla natura di una straordinaria bellezza e di un cuore ardente, Baitella è condannata dal proprio temperamento a una vita di sventure e di demenza.

La predizione della zingara si avvera parola per parola, e alla fine Baitella, vittima della propria natura impulsiva e delle proprie funeste illusioni, aspramente condannata da un mondo sordo e ostile, appare degna di pietà, di quella pietà che i suoi compaesani le hanno negato fino in ultimo.

Una storia vera, umana, rimasta viva per lungo tempo nella memoria del popolo e ricostruita dalla penna di Cristoforo Orrigoni.

Qui di seguito e chiudiamo l’argomento con una accorata lettera scritta dalla stessa Lucia che esce dalla fantasiosa penna di Andrea Della Bella.

LA STREGA LUCIA DI AZZATE di Andrea Della Bella

“Vorrei vedere voi. Vorrei vedere le vostre facce, come sarebbero i vostri occhi. I miei erano stralunati dalle torture e spalancati dall’orrore. Nonostante le bastonate mi abbiano devastato volto e lineamenti e le palpebre, sfinite, lottavano per rimanere aperte. Non sentivo più dolore su questo mio corpo scavato da percosse inenarrabili, venduto alla morte e, dicono loro, alla salvezza dell’anima, per soli 30 denari.

Ma la mia è una storia vecchia, antica. Di quelle che non trovi sui libri di storia, ma che ha contribuito a rendere buio quel capitolo di vita su questa terra chiamato Inquisizione. Eppure ricordo la mia carne viva, scavata con arnesi che nemmeno un maiale al macello ha avuto la sfortuna di veder usati sul suo grasso corpo da immolare alle tavole di qualche nobil signore o prete crapulone. Ferri e uncini conficcati nella mia anima per cercare quel che non ho mai fatto, per carpire una verità che non c’era né dentro di me e tanto meno fuori di me.

Ma è bene che mi presento, perché di anni ne sono passati talmente tanti, che sarebbe meglio dire secoli. Anche se vedo che la mia fama aleggia di nuovo in tutta la Valbossa e su quel “diabolico” strumento che ai miei tempi nemmeno si poteva immaginare e che oggi chiamate rete, internet, facebook.

Mi presento, dicevo. Sono Lucia di Azzate, la strega. O meglio quella piccola donna che hanno accusato di essere adusa alla stregoneria. Nel 1588 hanno comprato il mio corpo per 30 ducati, infilati nella tasca di un boia venuto da Lugano e che nemmeno di uno sguardo ha degnato questa donna condannata al patibolo, nell’ultimo istante in cui la mia vita di sofferenza è stata liberata. Quello “stac” secco, della corda stretta attorno al mio collo, prima molle e poi tesa dal peso delle mie membra ormai sfibrate me lo son portato via con me.

E non l’ho più dimenticato e nemmeno potuto raccontare. Mi son portato via il brivido, l’ultimo, che ha attraversato il mio corpo quando sotto i miei piedi non ho più trovato appoggio.

Ero bella, o almeno così pensavo, e non solo io. Ma non confondetemi con la Baitella. Sapete come siamo fatte noi donne: siamo permalose con chi non apprezza la nostra femminilità, figuriamoci con chi ci confonde con un’altra. Io sono Lucia, una delle tante donne arse vive o impiccate e ancor prima torturate nel nome di una fede che in realtà non vorrebbe violenza.

L’unica donna, a memoria d’uomo, in tutta la Valbossa a pagare con la vita l’ostinata credenza di uomini che in me vedevano l’incarnazione e l’adorazione del male. Sulla terra mi hanno già giudicata e processata e ora son tornata, con questo scritto, non per giustificare la mia innocenza, ma per rimettere un po’ a posto le cose almeno a livello storico. Di falsità non ne ho mai raccontate. So che qualcuna invece, seppur innocente, ha dovuto raccontare delle balle per farsi credere e aver salva la vita. Ad altre la menzogna non è bastata.

Tutte però abbiamo subito angherie incredibili, come è incredibile che gli uomini spesso credono più alle menzogne che a un cuore che supplica pietà. A voi che leggete queste mie ultime memorie non chiedo di scavare di nuovo nella mia storia, di riportare a galla ciò che la piena del tempo che scorre s’è portato via lasciando solo qualche vana traccia. Vi chiedo però di non confondermi con chi non sono. L’hanno già fatto altri strappandomi in maniera irreparabile gioia, anima e cuore. Voi risparmiatemelo.

                                                                                                             Lucia di Azzate

Azzate fu anche protagonista della VARESE GARIBALDINA.

Garibaldi, passando da Azzate e protetto dalla popolazione del comune, giunse a Varese poco prima della mezzanotte del 23 maggio 1859, sotto una pioggia torrenziale.

Garibaldi si diresse subito al Palazzo Pretorio, sede del Municipio, dove fu accolto sullo scalone dal podestà Carlo Carcano con queste parole: <Sono il podestà, Varese è felice di essere prima a ricevervi. Voi entrate in città italiana. Permettete che vi baci in nome di tutti i miei concittadini>. “E il Guerriero – scrive il Della Valle – strinse teneramente al petto il podestà, e rispose esso pure con un bacio al bacio che gli veniva dato”. Assicuratosi che fosse offerta ospitalità ai suoi Cacciatori delle Alpi, Garibaldi si concesse qualche ora di riposo nella casa del signor Del Bosco, nella contrada di San Martino. La mattina del 24 maggio il generale tornò in municipio e in nome di re Vittorio Emanuele II nominò Carlo Carcano regio commissario e il podestà, dichiarato decaduto il governo austriaco e proclamato quello dei Savoia, aprì un registro di arruolamento di Cacciatori delle Alpi.

Fonti:

– https://www.proazzate.org/origini-azzate.php- Bruno Belli

– Gruppo Facebook “Sei di Azzate se ….”

– Fausto Bonoldi

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